La mostra rende omaggio alla pittura di Carmen Barucchi Amey (Castelnuovo Don Bosco 1903 - Torino 1973), con l’intento di avviare una rivalutazione critica del percorso artistico di questa pittrice dalla forte personalità e dalla spiccata originalità, che, pur mantenendo sulla scena artistica piemontese una posizione alquanto appartata, nelle sue opere ha saputo imporre un proprio linguaggio pittorico non condizionato da influenze esterne ma al tempo stesso attento ai cambiamenti sociali e culturali.
L’incontro nel 1928 con l’uomo che poi diventerà suo marito, l’incisore Cesare Barucchi, rafforza la sua vocazione che l’aveva spinta fin dalla giovinezza ad addestrarsi nel disegno e nella pittura e poi nelle tecniche dell’incisione. Allieva, negli anni anteguerra, di Metello Merlo da cui apprende la modalità di esecuzione del paesaggio en plein air, frequenta poi, nel dopoguerra, l’Accademia libera di Belle Arti fondata nel 1945, e attiva
fino al 1948, dai fratelli Enzo e Pippo Bercetti insieme a Mario Micheletti, Carlo Terzolo, Domenico Buratti e altri.
Il suo esordio alla fine degli anni ’30 avviene nel clima postnovecentista inaugurato dai Sei che avevano seguito l’indicazione di Venturi verso la cultura francese tra impressionismo e postimpressionismo, individuata come la strada maestra verso la modernità, e proseguito poi anche da alcuni artisti come Da Milano, Valinotti, Deabate, Quaglino e altri, che si erano orientati verso una pittura figurativa, naturalistica, lirica e affabile.
Ma Carmen Barucchi Amey mantenne sempre una posizione molto autonoma, aprendosi a nuove forme di sperimentazione artistica e costituendo, con la sua forte personalità, un unicum nel panorama artistico piemontese fino agli anni ’70.
Marinella Chiavero
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